IL TEMPO DELLE OSSA
Un amico editore (di libri, fumetti per adulti e ragazzi), poco tempo fa mi ha chiesto a che punto fosse l'horror e quale sviluppo di interesse ha portato dai tempi del suo furore ad oggi. In realtà, non ho saputo dare una risposta precisa, perlomeno che fosse sintetica. Tenterò di farlo qui, poiché mi preme, e magari può generare riflessioni utili. Sono sempre stato un accanito purista del genere horror classico, quello che inizia da Lovecraft e Poe e finisce nei fumetti Marvel e DC, da cui le trasposizioni italiane attraverso i famosi Pocket della Marvel Corno, nell'ordine, e la trilogia “Zio Tibia” pubblicata dalla Mondadori nei primi anni '70. Più o meno cento anni, fino al 1980, questo il tempo di esistenza dell’horror nella sua originaria, ideale concezione di genere. Ma come uno dei tanti mostri che questo filone ha prodotto per il nostro piacere (in)sano, l'horror stesso, fortunatamente, ha compiuto la sua logica, naturale evoluzione. Un po' come La Cosa Da Un Altro Mondo (versione Carpenter), l'horror si è inserito nella collettività e si autoreplica sotto imprevedibili varianti di se stesso, nutrendosi di fibre e strutture che incontra sul suo lento e inesorabile incedere. Talvolta ci meraviglia, e talvolta ci delude. Come una qualsiasi persona che a noi si relaziona negli anni. La letteratura del sovrannaturale ha avuto per un secolo una precisa identità riconducibile a canoni dogmatici di ritmi, pause, ellissi, penombre, allegorie e contrappassi, inquadrature, sospensioni, sovrapposizioni, suoni, e altre rigorosità formali necessarie ad una storia breve o lunga per trascinare il lettore in un viaggio profondo; tra creature impossibili; uomini dotati di caratteristiche straordinarie; esperimenti; personaggi prigionieri di un destino bizzarro e inspiegato; mutazioni del mondo naturale. Tali ingredienti oggi hanno perso importanza su carta ma tracimano e trovano il loro senso nella realtà: non irrorano la cronaca nera, si muovono altrove, in un altro sconfortante privato, a rendere sovrannaturale ogni autore che intenda proporre a un editore un romanzo o una raccolta di racconti horror. Le caratteristiche perfette di un classico racconto dell’orrore vengono riesumate raramente ma con scarsa efficacia, poiché vent’anni di contaminazioni anarchiche hanno disperso il gusto originario; abbiamo visto, in merito, crescere una confusione di categorie e una grave lacuna concettuale di vaste proporzioni. Ci sono molti autori che pensano di scrivere horror producendo racconti porno d’èlite con un po’ di lame affilate, abbondanza di macelleria e terminologia genitale. Ci sono editori che ignorano l’anatomia di un romanzo horror e lo dichiarano impubblicabile perché la sua storia porta lontano dalla realtà e quindi priva di appeal commerciale. L’horror è roba da fumetti, si saranno sentiti dire molti scrittori o sceneggiatori prima di riporre il lavoro nel cassetto: una frase fatta contorta su se stessa in tutta la sua spettacolare paradossalità, eppure mai decisa a tramontare. Il responsabile planetario di aver trasformato l’horror in una parodia, ovverossia colui che ha suggerito la necessità di rinvigorire l’horror con la verve dei B-movies comici italiani anni '70 è Sam Raimi (La Casa - Evil Dead); anche se recentemente ha chiesto indulgenza al classicismo con The Gift, seppur in ritardo rispetto alla nuova generazione iberica Filmax e Fantastic Factory, nonché preceduto dal ritorno di Hollywood agli archetipi horror con pellicole ad alto budget e i volti di molte grandi star americane. Certi pregiudizi, quindi, hanno nel tempo alterato la percezione della materia, così sentirete spesso classificare horror e non thriller un film come Il silenzio degli innocenti e da questo film in poi definire horror e non giallo un qualsiasi romanzo in cui si muovono un assassino seriale capace di evolute nefandezze e un investigatore che con il mostro necessariamente divide qualcosa di vitale per la risoluzione della storia. Arriviamo quindi al gap fatale in cui per horror intendiamo oggi la rappresentazione scritta o visiva del sangue, ovvero la devastazione materiale del corpo - umano. Favorendo le implicazioni psicosessuali. In Italia, infatti, specializzate in chiasmi dicotomici sono le cosiddette scuole di scrittura, la scrittura creativa (effettivamente esiste anche la scrittura distruttiva), veri e propri laboratori di eugenetica capaci di crescere in cattività impensabili colture perniciose di generi e stili ad alto rischio pandemico. Chi si interessa all’horror con le idee base rigirate è un po’ come chi pensa di ascoltare buona musica da amplificatori e casse collegati in controfase, cioè con i cavi Left e Right invertiti tra ingressi e uscite. La tradizione italiana del giallo sembra tenere gli impianti in ordine, ma dopo anni in cui abbiamo visto il pulp, lo splatter, il gotico rurale (?), l’hard boiled, il noir, il demenziale, il poliziesco produrre schizofreniche cacofonie di generi, stili, cliché, autori nel posto sbagliato e brutte emulazioni, finalmente il silenzio. Dell’horror non parla più nessuno, poiché nessuno lo ha mai/più visto in giro. A volte al cinema escono veri film dell’orrore come The Others, The Ring, Nameless, Il sesto senso, The Skeleton Key.
A volte, invece, escono film rivelatori come Silent hill.
L'horror moderno è figlio dei videogame. Della realtà virtuale. Oggi l'horror deve somigliare quanto più possibile alla realtà, cioè alla post-produzione di una telecamera per un computer, essendo oggi l'obiettivo stesso lo stargate per entrare nell'altro mondo lovecraftiano orrofico. Possiamo trovare creature striscianti, zombie, ma sono soltanto icone della psiche, contagiate da un qualche male proveniente dall'anima (The Cell), male al cui origine c'è una persecuzione prettamente umana, un dolore ancestrale, una brutalità non sovrannaturale...
L'horror oggi è l'uomo stesso. Spettri e mostri sono davvero, semplicemente incarnazioni delle nostre paure e non sono più creature panteiste libere nel mondo naturale. Quella meraviglia filmografica intitolata King Kong a firma del grande Peter Jackson, se non erro, non ha riscontrato lo stesso successo del medesimo film del '77 con Jessica Lange e un insospettabile Lebowski quale Jeff Bridges. Eppure, nella trilogia degli Anelli ci sono più mostri che non nello schifoso crepaccio dell'isola del Teschio (una delle più raccapriccianti sequenze della storia del cinema), anche se il paragone non è dei più ortodossi. Questo perché Kong oggi è fuori dal corpo umano e per nostre necessità intellettive non rappresenta più alcuna incarnazione di mistero e di infinito, mentre Samara con la (primitiva) vhs psicometrica è capace di infestarci con la sua infernale rabbia. Orrore psichico da cui ci sentiamo oggi più indifesi.